Recensione: Ulan Bator – Abracadabra
10/05/2016 § Lascia un commento
Recensione: Ulan Bator – Abracadabra (Acid Cobra/Overdrive, 2016)
Amaury Cambuzat è tornato, registrando e producendo a metà 2015 le dieci tracce che compongono ‘Abracadabra’. Il nuovo disco è stato masterizzato da Douglas Henderson (The Swans, Devendra Banhart, Antony & The Johnsons, etc) ed esce a soli tre anni dall’ultimo ‘En France / En Transe’ in seguito anche a cambi di line up all’interno del gruppo.
Il recitativo ‘Chaos’ è la prima cosa che esce dal cilindro del mago; ‘Loungues Distances’ e ‘Ether’ con la loro armonia cupa utilizzano post rock e bordoni non tanto per rattristare l’ascoltatore con malinconie volute ma impreziosendo l’atmosfera (nella seconda anche in modo più arioso e positivo).
‘Evra Kedebra’ inizia martellante, metallica, per poi trasformarsi in una parola magica – ma di magia nera – a metà tra i Cocteau Twins e Sonic Youth; i sei minuti abbondanti di ‘Radiant Utopia’ sono un post rock shoegaze che può raccontare qualcosa, hanno il poter di creare pensieri e mondi nella vostra testa. ‘Protecion’ è Il brano scelto per la conclusione di ‘Abracadabra’, ovvero una ballata calma ma a suo modo marziale e desertica.
Dal pazzesco insieme di ‘Ego Echo’ ne è passata d’acqua sotto i ponti, il post rock e il noise ne escono vincitori e la forma canzone, assieme alla liricità di Cambuzat, si è non solo affinata ma riesce ad avere un cuore pulsante proprio, richiamo perfetto per l’artwork di copertina. Lo stesso cuore con il quale il musicista chiede questo sul suo bandcamp: “Please don’t upload our music. Our music costs a lot of money and time to make, and by buying our albums and merchandise direct from us you’re ensuring that we can continue to make music in the years to come. Thank you.”
Noi ringraziamoli perché non è facile tenere alto il livello dopo così tanti dischi, a volte magici a volte meno, ma sempre di ottima fattura.
Tracklist:
01. Chaos
02. Longues Distances
03. Coeurrida
04. Ether
05. Saint Mars
06. Evra Kedebra
07. Holy Wood
08. Radiant Utopia
09. Golden Down
10. Protection
Sito Internet: http://www.ulanbator.biz
Casa Discografica: https://www.facebook.com/acidcobrarecords
BandCamp: https://ulanbatorband.bandcamp.com
Facebook: https://www.facebook.com/ulanbatorofficial
(Hank – per Ondalternativa)
Recensione: New Order – Music Complete
12/02/2016 § Lascia un commento
Recensione: New Order – Music Complete (Mute, 2015)
Come siano arrivati i New Order a ‘Music Complete’ è un mistero, perché dopo tutto quello che è successo all’interno della band, in seguito allo scioglimento del 2007, ma anche a causa dei problemi personali dei singoli membri del gruppo avrebbero dovuto chiudere baracca e burattini. Invece ti ritrovi ad avere un nuovo album di undici canzoni eseguite da un gruppo che non pare stanco e vuoto a livello di ispirazione, grazie anche alla collaborazione con la Mute di Daniel Miller.
Non aspettatevi di sentire i vecchi New Order, al massimo i New Order invecchiati che hanno preso dimestichezza con l’uso del computer: Gillian Gilbert, Bernard Sumner e Stephen Morris, Tom Chapman, e Phil Cunningham. Le collaborazioni sono diverse e la produzione è affidata a Tom Rowlands dei Chemical Brothers, ma procediamo con calma e veniamo alle canzoni di ‘Music Complete’.
L’electro indie di ‘Restless’ come opener (e singolo) è davvero poco convincente, non viene molta voglia di continuare forse per paura; ‘Singularity’ è un buon pezzo e le mani di Rowlands si fanno sentire nel maneggiare il suono della band. ‘Plastic’ è suonata da un Moroder in vacanza a Dusseldorf mentre il synth-pop di ‘Tutti Frutti’ è assai kitsch (Giacomo Cavagna ‘recita’ la parte in italiano mentre l’altra voce è di Elly Jackson aka La Roux). ‘Stray Dog’ un po’ stupisce con il suo synth e la voce profonda a la “Cohen-TrueDetective” di Iggy Pop che declama una poesia di Sumner (con una semplice chiacchierata via mail e i due si sono organizzati).
‘Unlearn This Hatred’ travolge nella sua cavalcata synth, un grazie al produttore ancora una volta, mentre si arriva alla chiusura con ‘Superheated’ e la sua forse troppa leggerezza pop, con la voce di Brandon Flowers (The Killers) a raccontare di un amore finito: ‘You want your life back, girl I’m not a thief, You told me that it’s over and that you were gonna leave, Now that it’s over, It’s over, it’s over, it’s over’. Credo proprio, però, che la storia dei New Order continuerà perché ‘Music Complete’ è decisamente un buon album.
Tracklist:
- Restless
02. Singularity
03. Plastic
04. Tutti Frutti (feat Elly Jackson)
05. People on the High Line
06. Stray Dog (feat. Iggy Pop)
07. Academic
08. Nothing but a Fool
09. Unlearn This Hatred
10. The Game
11. Superheated (feat. Brandon Flowers)
Sito Internet: www.neworder.com
Casa Discografica: mute.com
(Hank – per Ondalternativa)
Recensione: Galapaghost – I Never Arrived (Autoproduzione, 2016)
08/02/2016 § Lascia un commento
Galapaghost, al secolo Casey Chandler, parte da un’autoproduzione a un tour di supporto per John Grant, da un debutto per l’etichetta italiana Lady Lovely (‘Runnin’, 2012) per arrivare all’attuale terzo disco ‘I Never Arrived’ che ritorna nell’autoproduzione. Il cerco si chiude, il numero tre sembra essere perfetto ma vediamo di approfondire un poco di più.
Anche questa volta, come per gli altri due dischi, la registrazione avviene con l’aiuto dell’amico Federico Putilli (Nadar Solo) mentre alla batteria troviamo Alessio Sanfilippo. Galapaghost affonda da sempre le mani nel mondo della forma canzone, dove l’autoproduzione e il folk si incontrano e grazie alle emozioni, alla sua bella voce e all’uso della melodia si è tenuto in piedi in un così vasto spazio.
‘Mazes In The Sky’ inizia piano, delicatamente, con quel falsetto oramai tipico di tanti artisti del genere; ‘Salt Lake City’ punta tutto sul sentimento e sul testo: “But who do I gotta be, And how do I gotta speak, And how do I gotta eat, And how do I gotta breathe, To make you love me.” Probabilmente, come dicevo e’ l’emozione che vuole accaparrarsi più ascoltatori possibili, perché I Never Arrived mi fa pensare a tantissimi gruppi, noioso sarebbe elencarli tutti, ma non mi dice assolutamente chi è Casey Chandler.
Canzone dopo canzone, che si tratti indie-tronica-folk poco importa perché non vi è in aggiunta una personalità forte o decisa che possa far emergere Galapaghost tra tanti big del genere, anche se l’ascolto rimane comunque piacevole.
Tracklist:
01. Mazes in the Sky
02. Science of Lovers
03. Salt Lake City
04. Mister Mediocrity
05. I Never Arrived
06. Vitamin D
07. The Greatest Roommate
08. The Secrets Our Body Keeps
09. Somewhere
10. Bloom
11. Goodbye (My Visa Arrived)
12. Our Place
Facebook: www.facebook.com/Galapaghost
Sito Internet: gpghost.com
Bandcamp: gpghost.bandcamp.com
(Hank – per Ondalternativa)
Recensione Sherwood & Pinch – Late Night Endless
13/03/2015 § Lascia un commento
Recensione Sherwood & Pinch – Late Night Endless (Tectonic/On-U Sound, 2015)
La collaborazione, durata in studio circa due anni, tra Sherwood e Pinch ha dato origine a ‘Late Night Endless‘, pubblicato dalla On-U Sound e dalla Tectonic Recordings; i due producer si fanno riconoscere anche in coppia, e si distinguono benissimo le due diverse anime lungo tutte le dieci tracce del disco.
Pinch si trova sempre a suo agio quando inserisce qualche spezzone horror, così come i campionamenti e gli inserimenti vocali reggae-dub abbracciano calorosamente Sherwood. E’ certo poi che i due non sembrano aver risentito delle pressioni legate alle aspettative, perché a mio avviso hanno prodotto un disco divertendosi tra di loro, mettendoci tutto il tempo necessario.
‘Shadowrun‘ è totalmente Tectonic e decisamente misteriosa in quanto opener, i bordoni di ‘Gimme Some More (Tight Like That)‘ si legano perfettamente con i sampler di Sherwood mentre ‘Wild Birds‘ riprende un sempre verde trip hop buttandolo sul riflessivo andante, forse troppo. ‘Precinct Of Sound‘ è invece una versione di ‘Swish‘ (Pitch) dubbata da Adrian Sherwood con l’aggiunta delle paole del poeta/musicista Andy Fairley, il risultato è ottimo. Probabilmente la seconda parte del disco è quella più carente, però non toglie nulla all’album in se.
Cosa ci si aspettava dal duo? Tantissimo direi e non hanno deluso, tra una giocata facile e l’altra c’è davvero tanto in ‘Late Night Endless‘ da entrambe le parti.
Tracklist
01. Shadowrun
02. Music Killer Dub Vocals
03. Gimme Some More (Tight Like That)
04. Bucketman Vocals – Daddy Freddy
05. Wild Birds Sing
06. Stand Strong
07. Precinct Of Sound
08. Different Eyes
09. Africa 138
10. Run Them Away
Facebook: www.facebook.com/pages/Sherwood-Pinch
Adrian Sherwood: www.adriansherwood.com
Pinch: www.facebook.com/PinchTectonic
Tectonic: www.tectonicrecordings.com
On-U Sound: www.on-usound.com
(Hank)
Recensione Disappears – Irreal
13/03/2015 § Lascia un commento
Recensione Disappears – Irreal (Kranky, 2015)
Brian Case (voce e chitarra) porta avanti il discorso iniziato con l’EP Kone del 2013 e sostenuto dall’album precedente ‘Era‘ (sempre del 2013 e sempre su Kranky) con la stessa identica band: Jonathan Van Herik (chitarra), Noah Lager (batteria) e Damen Carruesco (basso). Un po’ come a sottolineare che la squadra che vince non si cambia.
Il kraut rock è sempre presente, a modo suo, all’interno di un persorso di scomposizione della forma canzone in un mondo new wave ricco di sperimentazione. ‘Irreal‘ è il quinto album della band e mi piace pensare che il gruppo non voglia starsene immobile sulla loro idea iniziale ma che desidera andare oltre alla realtà del momento. Non c’è nulla di così sperimentale da definirsi nuovo ma c’è tanto da poter essere risultare più che interessante.
‘Interpretation‘ è uno schema netto e preciso di Noah Lager, un richiamo ipnotico dei Can, su cui si spalmano le due frasi ripetute in modo monotono da Brian Case: “I want to remember” e “Anything can happen”. ‘I_O‘ è desolazione in controtempo, ‘Another Thought‘ parla di memoria sfruttando Neu! e P.I.L. mentre con la title track non c’è più futuro e la visione che il suono può scaturire è apocalittica.
Troviamo un cuore dub-funk oscuro in ‘Halcyon Days‘ che ci spinge nei bordoni di ‘Mist Rites‘ per finire poi tra il noise post punk di ‘Navigating The Void‘, che coincide con la conclusione dell’album. I Disappears sanno esattamente cosa stanno facendo e cosa vogliono fare, e lo si vede anzi, lo si sente!
Tracklist:
01. Interpretation
02. I_O
03. Another Thought
04. Irreal
05. OUD
06. Halcyon Days
07. Mist Rites
08. Navigating The Void
Sito Internet: www.disappearsmusic.com
Facebook: www.facebook.com/pages/Disappears
SoundCloud: soundcloud.com/disappears
Casa Discografica: www.kranky.net
(Hank)
Recensione Cosmetic – Nomoretato
06/02/2015 § Lascia un commento
Recensione Cosmetic – Nomoretato (La Tempesta, 2014)
I Cosmetic sono tornati dopo due anni dalla loro ultima uscita, “Conquiste” del 2012 per La Tempesta Dischi, senza cambiare casa discografica e con un concetto semplice in testa: “E potete continuare a dirci immaturi / che dopo i trent’anni ora vale di più / ma solo per mezz’ora tornare sereni / le colpe, gli eccessi li mettiamo noi”.
Questa storia sull’immaturità vi viene buttata in faccia, così come “quello che conta è quello che conta per noi” continua a ritornare in diverse tracce, e oltre ai concetti anche la melodia ricompare e non si stacca più. Non per questo posso definire il pop psichedelico di Nomoretato ostico, anzi: tutto il contrario, però la mia insoddisfazione è proprio dietro l’angolo. Ci sono brani convincenti, questo si, però sarebbero stati più d’aiuto in un EP e non in un disco bello pieno.
Sarà anche il cantato in italiano che questa volte mi convince meno del solito, ma penso sarebbe meglio cambiare registro. Claudio Cavallaro (Granturismo) ha fatto un buon lavoro in produzione per queste dodici tracce in analogico, quindi un primo passo per questo ipotetico cambio è già stato fatto.
Ieri ero con i Cosmetic oggi meno e non è colpa dei miei trent’anni e poco più.
Tracklist:
01. Venue
02. Crediti
03. Occhi gialli sull’isola del mondo
04. Nelle mani giuste
05. Nomoretato
06. Non ritornerò
07. Stanza del figlio
08. Continuum
09. Voragini (Sotto i nostri piedi sicuri)
10. Rocapina
11. Bordonero
12. Reprise
Sito Internet: www.cosmeticmusic.com
Facebook: www.facebook.com/cosmeticmusic
Casa Discografica: latempesta.org
(Hank)
Recensione Egle Sommacal – Il Cielo si sta Oscurando
29/12/2014 § Lascia un commento
Recensione Egle Sommacal – Il Cielo si sta Oscurando (Unhip Records, 2014)
‘Il Cielo si sta Oscurando‘ è il terzo disco di Egle Sommacal, conosciuto ai più in quanto chitarrista dei Massimo Volume, dove ritorna ad utilizzare solamente la chitarra acustica ed è registrato in presa diretta.
E’ molto facile giocare con la parola oscurità per descrivervi queste nove canzoni, tanto quanto poter citare John Fahey e James Blackshaw perché di fingerpicking e di ispirazioni si potrebbe parlare dall’iniziale title track, per esempio. ‘Il Cielo si sta Oscurando‘ è minimalismo, non banale, che riesce a proiettare le immagini richiamate dai titoli delle canzoni stesse; tralasciando forse ‘Premiére Gymnopedie‘ che è un omaggio a Erik Satie, una versione trascritta per chitarra acustica appunto.
‘Gravità‘ e ‘ L’ultimo Grande Collezionista‘ sono i brani migliori, mi sono più volte soffermato sulla tensione palpabile della prima e sulla calma nostalgia della seconda anche dopo diversi ascolti dell’album. ‘Ryoi-Un Maru‘ si ispira a la storia dell’omonimo peschereccio, staccatosi dalle coste giapponesi dopo il maremoto del 2011 e riapparso in Canada dopo diverso tempo, è decisamente una chiusa strana e bizzarra anche per delle normali risate inserite lungo il brano.
‘Il Cielo si sta Oscurando‘ è un buon terzo disco che torna alle origini di Egle Sommacal, come solista, con la giusta maturità e crescita necessaria.
Tracklist:
01. Il Cielo Si Sta Oscurando
02. Hello Guys
03. Nuvole Sopra La Bolognina
04. Nessun Posto Sicuro
05. Gravità
06. L’Ultimo Grande Collezionista
07. Hello Guys (Reprise)
08. Premiére Gymnopedie
09. Ryoi-Un Maru
Facebook Page: www.facebook.com/pages/Egle-Sommacal
Casa Discografica: www.unhiprecords.com
(Hank scritto per www.ondalternativa.it)